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giovedì 9 luglio 2009

ECCO COSA DICE SUPERBASKET SULLA SCOMPARSA DELLA PALLACANESTRO LIVORNESE

Questa settimana è uscito il nuovo numero di SuperBasket, periodo specializzato che gli appassionati di questo sport conoscono benissimo. SuperBasket ha riservato una pagina intera sulla scomparsa della pallacanestro livornese dal palcoscenico nazionale dove meriterebbe di stare con un articolo firmato da Francesco Parducci, storico giornalista livornese di pallacanestro, che noi oggi postiamo: "Martedì 30 giugno, ore 18,35. Mentre ancora ai balconi di tante case sventolano ancora le bandiere biancoamaranto (stessi colori, ironia della sorte) celebrative del ritorno in serie A del Livorno calcio avvenuto una decina di giorni prima, Legadue emette il comunicato con l’indicazione delle società che hanno chiesto l’iscrizione al prossimo campionato. Basket Livorno non c’è. La città che vent’anni fa aveva due squadre in serie A1, una delle quali arrivava a un “frame” di distanza dalla vittoria dello scudetto, non ha più neanche una squadra in Legadue.Surreale. Ma tristemente vero. Durata come un sogno di una notte di inizio estate l’illusione che Sabatini volesse trasferirsi qua armi e bagagli attratto dalla gestione del Palasport o convinto da Faraoni, l’ultima frenetica e convulsa giornata non riesce a cambiare la sorte del malato terminale, i miracoli, per chi ci crede, avvenivano duemila anni fa in Palestina, qua si parla il linguaggio dei soldi e a Livorno evidentemente ne girano pochi. Anche se poi vai a fare un giro allo Yacht Club, dentro al vecchio porto mediceo, e ti scopri a contare almeno cinquanta barche che costano dal milione di euro in su.Il tentativo dell’ultimo giorno è surreale anche quello: impossibile in dieci ore reperire una fideiussione da 100.000 euro e 20.000 per la quota di iscrizione, ma quand’anche qualcuno avesse messo mano al portafoglio non sarebbe bastato. Livorno muore strangolata dai debiti, accumulati in questa ma anche in precedenti gestioni. Il sindaco Cosimi, appena rieletto, si sbatte come può: durante il campionato un paio di volte i suoi interventi sono stati decisivi per far recedere la squadra dallo sciopero proclamato per mancata corresponsione degli stipendi, ma la settimana in più che gli è stata necessaria, dopo le elezioni rivinte, per formare la nuova giunta ha tolto ulteriori speranze. Quando ha potuto rimettere pensiero al basket mancava ormai solo un giorno alla dead-line.Finiti, morti, sportivamente parlando s’intende. Ma senza neppure troppi clamori, senza tifosi per strada a manifestare, senza tentativi di sottoscrizioni popolari o di azionariato diffuso come è accaduto in altre città. Livorno scompare dalla geografia del basket professionistico quasi in silenzio ed è, come avrebbe detto Guccini negli in cui questa città era la capitale del basket “la morte un po’ peggiore”.I giornali locali si preoccupano assai più della riconferma di Gennaro Ruotolo alla guida del Livorno Calcio o dell’eventuale permanenza in amaranto di Diamanti (e, con tutto il rispetto, non si sta parlando né di Mourinho né di Kakà), la televisione di casa, un tempo baskettara per eccellenza, la prima sera non dà addirittura la notizia della mancata iscrizione.Segnali bui di un malessere profondo, del quale, allora, diventa esercizio inutile l’andare a cercare il colpevole o i colpevoli.Certo il Castelli che a novembre, dopo aver autorizzato la firma di contratti pluriennali lascia tutti in braghe di tela e se ne va può esser messo in testa all’eventuale hit parade ma anche lui, a guardar bene, potrebbe portare davanti alla giuria le sue brave prove a discolpa: in estate aveva chiesto alla città, lui che livornese non è, uno sponsor, tanti abbonati e una cordata di imprenditori a sostenerlo, ottenendo di risposta zero alla prima voce, pochissimo alle seconda e ancora zero o poco più alla terza, quest’ultima anche a causa della goffaggine con la quale la cosiddetta operazione “Amici del basket” era stata portata avanti. Alla Camera di Commercio di Livorno sono iscritte 24.000 imprese. Sarebbe bastato che una su mille, una su mille si badi bene, non una su dieci o una su cento, contribuisse alla causa in cambio di cartellonistica, annunci, pubblicità varia, perché tutto potesse continuare.Falliti, anche, i tentativi più o meno convinti di trovare un acquirente per il titolo: chi si avvicinava (Verona, Capo d’Orlando) e prendeva contezza della situazione debitoria (chi le pagherà, tutte queste pendenze, come e quando resta avvolto nei fumi dell’incertezza, il fallimento è l’ipotesi più probabile) un attimo dopo aveva già fatto più miglia che quaglie ed erano altri giorni che passavano e possibilità che sfumavano e corvi che volteggiavano.Livorno se ne va, non è la prima e non sarà l’ultima ma fa male al cuore di chi di basket vive in una città che anche in quest’annus horribilis bene o male ha mandato due squadre alla finali giovanili, fornisce un giocatore alla Nazionale (Fantoni) e ben quattro allenatori (Bechi, De Raffaele, Dell’Agnello e Ramagli) ai campionati professionistici, segnale di un movimento che ancora potrebbe dire e dare tanto.Resta il PalaLivorno, il terzo d’Italia per capienza, forse il migliore per estetica e visibilità interna. Una cattedrale nel deserto, ora, checchè ne abbia detto il neo assessore allo sport Ritorni (tra l’altro ex presidente di Basket Livorno fino a un paio di anni fa). Il Palazzo (chi lo gestirà ora che l’accordo con Forumnet è stato disdettato dalla controparte è un’altra delle grane entranti della riconfermata Amministrazione) invece, “è” una cattedrale nel deserto perché non è pensabile portarvi il femminile che in partite di play-out a ingresso libero ha raccolto poche centinaia di spettatori e in precedenza poche decine o l’erede della vecchia Libertas che, nella sua C dilettanti, alle centinaia non ci è mai arrivata.Intanto, comunque, la megastruttura starà chiusa e vuota fino al 21 settembre e quel giorno il rumore che vi si sentirà non sarà quello di una palla che rimbalza sul parquet, come in ogni palasport dovrebbe accadere, ma la musica dei Pooh. Bravi, bravi tutti. (anche i Pooh, sia chiaro….)".

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