#ilbasketlivorneselive: TUTTE LE NOVITA' DELLA PALLACANESTRO LIVORNESE SU TWITTER IN TEMPO REALE -- WWW.ILBASKETLIVORNESE.IT -- IL NOSTRO SITO SU TWITTER; IL NOSTRO SITO SU FACEBOOK

giovedì 12 agosto 2010

L'IDEA DI CLAUDIO CRIPPA: CREARE IL MARCHIO LIVORNO

Oggi postiamo un articolo pubblicato ieri sul quotidiano "Il Tirreno" dove il giornalista Renzo Marmugi intervista l'ex general manager del Basket Livorno Claudio Crippa

"LIVORNO. Idee per il rilancio del basket. La voce è autorevole, quella di Claudio Crippa, 49 anni, uno che ha lavorato a Livorno scoprendo per la A1 fior di giocatori dal sommerso (Nicholas, Shumpert, Troutman), poi spiccando il volo per tre anni di esperienza al Cska Mosca, il club numero uno d'Europa e oggi scout europeo per una franchigia Nba, i San Antonio Spurs. Quello che ci vuole per una visione ad ampio respiro, non legata alle faide da parrocchia e a quelle gelosie tanto difficili da estirpare alle nostre latitudini. Crippa, riportare in alto la pallacanestro a Livorno è una missione impossibile? «Il rilancio passa da una sola via: la passione. Avete uno degli ultimi palasport costruiti in Italia, cominciato vent'anni fa ma di concezione moderna, con 8033 posti a sedere e quindi dell'ultima generazione, adattissimo ai grandi eventi. Oltre a un amore per la pallacanestro difficilmente riscontrabile altrove: forse solo a Bologna il cuore batte così forte per la palla a spicchi. Livorno ha storia, tradizione, cultura: in questo sport è stata una delle pioniere e quindi il rilancio - come già avvenuto per Brindisi e Caserta - verrà. Da voi come a Trieste. Si tratta solo di capire quando, perché oggi lo sport è diventato mezzo di comunicazione, una delle ultime cose che aggrega e unisce, una delle poche isole felici ancora rimaste in Italia». Le idee sono belle, sotto la crosta della depressione la passione esiste ancora, ma senza soldi non si va lontano... «C'è bisogno di un imprenditore che investa nel basket. Chi lo fa troverà una città competente, appassionata, che nell'ultimo anno di serie A portava seimila spettatori al palazzo. Seimila abbonati da 150 euro l'uno sono un traguardo possibile, non utopia. Alcune sere fa sono venuto a Tirrenia per una cena con vecchi amici della pallacanestro e ho visto grande movimento, tante vecchie colonie in ristrutturazione, una parte di costa che si vuole aprire al turismo. Le potenzialità per attirare investitori ci sono». La sua esperienza cosa le dice? «Seguo attentamente l'evoluzione delle cose nel panorama europeo, e intorno a noi stanno emergendo i brand, i marchi: Barcellona, Real Madrid, Panathinaikos, Olympiakos, Cska, Besiktas, Galatasaray. Entità riconoscibili, organizzazioni all'interno delle quali convivono calcio, basket, altri sport. Il calcio magari assorbe l'80% del budget, ma c'è posto anche per tante realtà, altri rami di impresa. Il Bayern Monaco di recente ha comprato una società di basket per fidelizzare meglio i tifosi, incrementare il merchandising, radicarsi ancora di più nell'immaginario della sua gente». Ma Livorno ha 160.000 abitanti, non è una metropoli come Barcellona, Madrid, Atene, Mosca, Istanbul. «Non vedo dove siano le controindicazioni. Faccio un esempio: Milano nel calcio ha Inter e Milan, se l'Olimpia con i suoi 25 scudetti vuole entrare in una joint venture chi sceglie? A Livorno invece non c'è il rischio di creare spaccature. La squadra di basket costerebbe meno di un buon giocatore di calcio, con 2 milioni di euro fai una discreta stagione di Legadue, e quella cifra è poco più del contratto lordo di Tavano. Se fossi Aldo Spinelli ci penserei: perché avere calcio e basket insieme permetterebbe al presidente di turno di diversificare l'offerta e di creare identificazione al brand, senso di appartenenza. In una città fortemente sportiva come Livorno sarebbe un onore, un grande vanto andare tutti alle partite con la maglia amaranto. Nell'azienda sport un anno sfortunato ci può stare: magari retrocedi col calcio, ma avresti sempre il paracadute della pallacanestro. Naturalmente la città deve supportare una cosa del genere e - come in Spagna - nel consiglio serve un rappresentante della municipalità che porta idee, spinge, partecipa alla vita del club, fa da garante. Da qui a venti anni sopravviveranno solo queste grandi associazioni in grado di tenere unita l'immagine e il sentimento comune della gente». Non è un modello difficile da importare in Italia?«Forse sono stato troppi anni lontano da qui, forse è utopia, ma in un momento storico ed economico così complicato l'unico modo per rilanciare il basket a Livorno è avere la forza, un progetto, volontà politica e imprenditoriale. Che vuol dire energie, risorse, personalità. Bisognerebbe andare due-tre anni in giro a vedere come si fanno le cose all'estero e poi metterle in pratica anche qui. Livorno ha il vantaggio di una grande cultura sportiva e numeri importanti di spettatori potenziali. Non essendoci grandi rivalità di mezzo - chi tira fuori sempre il dualismo tra Libertas e PL è fuori dal tempo - sono convinto che 7.000 spettatori al palazzo non sono un tetto impossibile. Il problema è che manca la locomotiva, e soprattutto bisogna mettere insieme le persone migliori. Se fossi Aldo Spinelli per diversificare l'offerta e conquistare nuovi tifosi questa operazione la farei». Ma intanto chi ama la pallacanestro a Livorno oggi cosa deve fare? «Andiamo a vedere quello che c'è per tenere accesa la fiammella. Io faccio il tifo perché Livorno ritorni in alto». (articolo tratto da Il Tirreno del 11/08/2010)

Nessun commento: